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Transizione Ecologica
Shell è stata legalmente accusata di falsa strategia climatica

Shell è stata legalmente accusata di falsa strategia climatica

Il consiglio di amministrazione di Shell è stato personalmente citato in giudizio per la presunta incapacità di gestire correttamente i rischi associati alla crisi climatica. Si tratta di un precedente legale unico nel suo genere.

La causa afferma che gli 11 dirigenti di Shell, il colosso petrolifero britannico, hanno violato i loro doveri legali ai sensi del Companies Act del Regno Unito, non riuscendo ad allineare la loro strategia climatica con l’Accordo di Parigi del 2015.

Ad intentare causa è stata Client Heart, l’associazione non a fini di lucro per il diritto ambientale. Si tratta del il primo caso al mondo in cui si imputa la responsabilità personale di amministratori aziendali per non aver predisposto la transizione energetica.

“Shell potrebbe realizzare profitti record ora a causa delle turbolenze del mercato globale dell’energia, ma la scritta sul muro è per i combustibili fossili a lungo termine”,

afferma Paul Benson, il legale senior di Client Earth.

“Il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio non è solo inevitabile, ma sta già avvenendo”.

Ma il consiglio di amministrazione di Shell persiste con una strategia di transizione che è “fondamentalmente imperfetta”, afferma Benson. Una strategia che non funziona e espone la transizione ecologica al rischio di non avere successo. Una strategia zoppa che comprometterebbe la transizione ecologica e esporrebbe l’azienda ai rischi che il cambiamento climatico rappresenta, “nonostante il dovere legale del consiglio di amministrazione di gestire tali rischi”.

La causa ha il sostegno degli investitori


ClientEarth ha presentato la prima causa climatica del suo genere presso l’Alta Corte di Inghilterra e Galles in qualità di azionista.

La rivendicazione legale ha anche il sostegno di investitori istituzionali e fondi pensione che insieme possiedono oltre 12 milioni dei 7 miliardi di azioni Shell. Questi investitori includono fondi pensione come Nest – il più grande schema pensionistico sul posto di lavoro del Regno Unito – e London CIV nel Regno Unito e il fondo pensione nazionale svedese AP3.

“Gli investitori vogliono vedere un’azione in linea con i rischi causati dal cambiamento climatico e sfideranno coloro che non stanno facendo abbastanza per convertire la propria attività”.

Marco Fawcett
Chief Investment Officer di Nest

In una lettera al consiglio di amministrazione che li informava dell’azione legale dello scorso anno, ClientEarth ha affermato che la sua causa era nel “migliore interesse” dell’azienda poiché l’economia “si sposta inevitabilmente dai combustibili fossili”.

Hanno anche detto che era nel migliore interesse degli investitori.

“Gli investitori vogliono vedere un’azione in linea con il rischio che il cambiamento climatico presenta e sfideranno coloro che non stanno facendo abbastanza per trasferire la propria attività, speriamo che l’intero settore energetico si alzi e se ne accorga”.

Mark Fawcett, Chief Investment Officer di Nest

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Le dimissioni della responsabile per la sicurezza di Shell

Ma le avvisaglie del terremoto che sta investendo Shell per il suo presunto greenwashing erano cominciate sin dallo scorso maggio 2022, con le dimissioni di Carolin Dennet, responsabile per la sicurezza del colosso petrolifero.

Carolin Dennet aveva annunciato e motivato le sue dimissioni con un video divenuto virale. Le sue parole nette e taglienti:

“Mi chiamo Carolin Dennett e queste sono le mie dimissioni. 
Ho lavorato per Shell per più di 10 anni dando forza a decine di migliaia di lavoratori per migliorare la cultura della sicurezza del lavoro nei luoghi di lavoro cercando di mettere le persone al sicuro, di prevenire fughe di gas e petrolio e i grandi incidenti come il disastro di Deepwater Horizon nel Golfo del Messico”. Ma oggi me ne vado per via del doppio gioco di Shell sul clima.


Shell ha dichiarato che l’ambizione per la sicurezza è “non nuocere”, “Goal Zero” lo chiamano, e questo suona come cosa onorevole. Ma stanno completamente mancando questo obiettivo.
Sanno bene che l’estrazione di gas e petrolio causa danni estremi al clima, all’ambiente e alle persone. E qualsiasi cosa dicano, Shell non sta assolutamente diminuendo le attività con i carburanti fossili. Stanno invece espandendole e incrementandole con nuove esplorazioni e nuovi progetti di estrazione. Questo contro i chiari avvertimenti da parte degli scienziati e trascurando gli enormi rischi per il cambio climatico. 

Io semplicemente non posso più essere parte di questo. So di essere una privilegiata per poter fare questa scelta, molte persone che lavorano nelle industrie fossili non sono così fortunate. Ma l’industria dei carburanti fossili rappresenta il passato e se potete trovare una via di uscita, allora per favore andate via anche voi finché c’è ancora tempo. 
Fatelo ora”. 

Se tutti i dipendenti delle compagnie petrolifere e delle aziende inquinanti si unissero alla battaglia etica di Carolin Dennet e di Client Heart, di sicuro darebbero un enorme impulso alla transizione ecologica e allo stop delle emissioni di CO2 in atmosfera. In ogni caso, la causa appena iniziata contro Shell rappresenta un importante precedente e potrebbe essere seguita da altre azioni legali nei confronti dei colossi delle fossili così come delle aziende che non rispettano l’Accordo di Parigi e l’Agenda 2030.

Chi non lavora oggi per tagliare le emissioni è diretto responsabile della mancata azione per arginare le catastrofi climatiche in aumento a cui assistiamo quotidianamente e le vittime che esse causano. I governi e le loro politiche sono ovviamente inclusi e sono già oggetto delle climate litigations che li vedono sul banco degli imputati per inazione climatica. Se si persiste nei mali del passato non si può costruire un futuro sostenibile.

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