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Cambiamento climatico
COP28: In che mani siamo?

COP28: In che mani siamo?

Inizia oggi 30 novembre 2023 negli Emirati Arabi la COP28, boicottata dalle organizzazioni ambientaliste che accusano il paese ospitante di green washing.

Dubai, 30 novembre 2023, si apre la COP28, l’ennesimo congresso internazionale annuale a cui partecipano 198 paesi, in teoria per far fronte compatto contro i cambiamenti climatici. Ma in pratica?

In pratica l’unica cosa certa ad oggi è che di tutte le risoluzioni stilate negli ultimi 8 anni, da quel famoso 2015 che era sembrato l’anno chiave per il cambio di rotta, nessuna si presenta come un obbligo di azione per i governi ma solo come un impegno. L’unica misura concreta presa in ben 27 edizioni è stata la creazione, l’anno scorso in Egitto, di un fondo (Loss&Damage) per risarcire i paesi poveri colpiti da calamità naturali dovute ai cambiamenti climatici, chiaramente causati dalle emissioni dei paesi ricchi.

Report allarmanti

Nel frattempo, l’Emission Gap Report dell’UNEP di quest’anno ha registrato le temperature più alte di sempre e il maggior numero nella storia di eventi estremi come alluvioni e incendi. Le previsioni catastrofiche mettono in allerta sullo sfondamento del tetto massimo stabilito (+2° C) per la temperatura media del pianeta. A fine secolo si rischia di superare addirittura i 3°C. E ancora, l’annuale Greenhouse Gas Bulletin, dell‘ Agenzia Meteorologica delle Nazioni Unite (WMO) ha registrato il nuovo record di gas serra in atmosfera. In particolare, la media delle emissioni di CO2 nel 2022 ha superato del 50% i livelli preindustriali. E nel 2023 ne è previsto il continuo aumento così come quello delle concentrazioni di metano e azoto.

I moniti provenienti da scienziati e organizzazioni internazionali come anche l‘ Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), organismo dell’Ocse, sono chiari. Non si sta facendo abbastanza, gli accordi del 2015 a Parigi non vengono rispettati e gli obiettivi dell’Agenda ONU del 2030 rischiano grosso di restare una chimera.

In che mani siamo?

Dunque in che mani siamo? La domanda è tanto più calzante se si considera che il paese ospitante di quest’anno, gli Emirati Arabi, è tra i maggiori produttori di petrolio con i suoi 4,01 milioni di barili al giorno. Non solo, il paese ha appena nove milioni di abitanti ma nel 2021 ha emesso 237 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2). Per questo motivo Dubai viene accusata di greenwashing dalle associazioni e organizzazioni ambientaliste e di attivisti climatici di tutto il mondo. La maggior parte dei loro rappresentanti, infatti, ha dato forfait e non parteciperà alla COP28 come forma di protesta e di sabotaggio.  

La società civile è rimasta perplessa da subito quando come sede della nuova COP sono stati scelti gli EAU, settimo paese produttore al mondo di petrolio ma anche quinto di gas. Non solo, Gli Emirati sono anche il sesto paese per emissioni di Co2 pro-capite e hanno un’economia saldamente ancorata allo sfruttamento di combustibili fossili. Ma la ciliegina sulla torta è stata la nomina a Presidente della COP28 del  sultano Al-Jaber, ministro dell’Industria e delle Tecnologie degli EAU, nonché amministratore delegato e direttore generale del gruppo Abu Dhabi National Oil Company. E a seguire la designazione di diversi funzionari della compagnia nello staff della COP..

Di Pierri ad Altroconsumo su COP28

In un articolo di Altroconsumo la giornalista Marica Di Pierri, attivista climatica e, tra gli altri incarichi, Direttrice responsabile di EconomiaCircolare.com spiega:

A scanso di equivoci, Al-Jaber ha chiarito da subito la sua posizione: le politiche climatiche non devono penalizzare la crescita economica. Tant’è che nel frattempo l’Adnoc ha annunciato un ulteriore aumento nella produzione di petrolio. Secondo il Guardian, gli Emirati hanno uno dei piani di espansione dell’oil&gas maggiori al mondo, il terzo per la precisione, con la prospettiva di passare da 4 a 5 milioni di barili estratti al giorno.

E ancora:

Nel corso dell’estate un altro scoop, sempre del Guardian ha gettato una luce ancor più cupa sul vertice. La compagnia petrolifera guidata dal sultano avrebbe avuto libero accesso alle mail della Cop28. Il conflitto di interessi tra chi dovrebbe guidare le negoziazioni orientate a contrastare l’emergenza climatica riducendo le emissioni prodotte dalle fonti fossili e al contempo dirige una compagnia petrolifera statale che intende aumentare la produzione di petrolio è dunque lampante. Questo elemento da solo rischia di compromettere le già strette possibilità di un avanzamento negoziale. E ha scatenato le proteste delle organizzazioni ecologiste. Amnesty International ha lanciato un appello pubblico per chiedergli di rinunciare a uno dei due ruoli. La richiesta è caduta nel vuoto.

Marica di Pierri continua ad elencare elementi di altissima preoccupazione. Ha infatti denunciato la presenza di lobbisti che, all’ombra degli accordi multilaterali climatici, potrebbero approfittarne per definire intese su progetti oil&gas.

I grandi assenti alla COP28

Dunque la società civile non interverrà in presenza ma seguirà da lontano i lavori della COP28. Ma ci sono altri grandi assenti, per lo più ingiustificati, che lasciano cadere nel vuoto le loro responsabilità di leader dei paesi maggiori inquinanti del pianeta: USA e Cina. Sia Joe Biden, sia Xi Jinping invieranno i loro emissari sfilandosi dal problema. Ci dovranno pensare i loro delegati che già durante le reciproche precedenti visite hanno messo i primi mattoni per un accordo di cooperazione.

Anche Papa Francesco sarà tra gli assenti a Dubai per motivi di salute, con grande rammarico suo e soprattutto degli attivisti. Sarebbe stata una grande novità, la prima volta per un pontefice partecipare ad una conferenza multilaterale per il clima. Un’occasione che si spera si ripresenti l’anno prossimo. Ambiente e clima sono temi su cui Bergoglio insiste spesso, a partire dalla sua celebre e emblematica enciclica “Laudato sì” proprio del 2015, uscita mesi prima degli Accordi di Parigi.

Cosa deve succedere

Lo scorso anno a  Sharm el-Sheik la COp27 era terminata con l’ammissione dell’impossibilità di fare progressi negli accordi per ridurre le emissioni e abbandonare progressivamente i combustibili fossili. Gli unici accordi che restano in piedi sono appunto quelli della lontana Conferenza di Parigi sul Clima e purtroppo ad oggi ancora non rispettati.

Per questo la COP28 a Dubai si aprirà con una verifica dello stato dell’arte nei diversi paesi in riferimento agli impegni presi nel 2015, in termini di adeguatezza e sufficienza. Si tratta del primo bilancio effettivo di questi 8 anni trascorsi, che dovrebbe alzare l’asticella delle ambizioni di ciascun governo partecipante. L’esigenza principale è quella di rafforzare gli impegni nazionali singoli. In concreto si punterà ad aumentare l’efficienza energetica e l’impulso alle rinnovabili che andrebbero triplicate entro il 2030, trascurando però l’altrettanto urgente road map di decarbonizzazione.

L’augurio per questa COP28 è che i leader e tutti i cittadini mondiali si rendano finalmente conto che non c’è più tempo da perdere e prendano concreti provvedimenti. Quello che scienziati e ambientalisti avevano previsto anni e anni fa purtroppo oramai è ben tangibile. Quando i paesi a qualsiasi latitudine saranno sott’acqua o martoriati da tifoni e incendi, tanto più quelli poveri in cui risiedono la manodopera e gli impianti a basso costo delle multinazionali, al posto degli interessi economici ci saranno danni finanziari inestimabili, se proprio la vogliamo mettere sul piano materialistico. Meglio gallina e uova oggi e niente domani?

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