• Tam Tam Energetico
  • PROFETHICA
Giovani e Futuro
Benvenuti nell’Inferno delle Talking Stage – Cronache di una disintossicazione involontaria

Benvenuti nell’Inferno delle Talking Stage – Cronache di una disintossicazione involontaria

Le talking stage possono trasformarsi in un inferno emotivo. Scopri come riconoscerle, evitarle e disintossicarti dalle app di dating.


di Gianluca Marrozzini

Siamo onesti: nessuno si sta divertendo. Aprire Tinder, Hinge o Bumble oggi non ha più nulla a che vedere con l’eccitazione della scoperta. È diventato, a tutti gli effetti, un secondo lavoro non retribuito. Passiamo le serate a fare screening di candidati come se fossimo reclutatori delle risorse umane, ottimizziamo il nostro profilo scegliendo la foto giusta con la stessa cura con cui cureremmo un brand personale su LinkedIn, e finiamo regolarmente intrappolati in infinite “talking stage” che, statisticamente, non porteranno a nulla se non a un altro ghosting.

Proprio mentre buttavo giù queste righe, ho fatto un salto su TikTok cercando un meme da inserire nel pezzo. Ho digitato “Hinge” nella barra di ricerca e quello che l’algoritmo mi ha suggerito mi ha fatto chiudere l’app . Queste le ricerche consigliate:

Questa è la conferma definitiva che l’autenticità è stata totalmente sfanculata. C’è un intero ecosistema di hype costruito su come conoscere qualcuno e su come convertire meglio. La gente non cerca connessioni, cerca script performanti. Siamo arrivati al punto in cui il successo sentimentale dipende dall’aver copiato un prompt. Se il rimorchio è diventato una questione di copywriting strategico, l’andazzo generale è piuttosto chiaro: stiamo esternalizzando la nostra personalità manco fossimo una love accademy di Instagram.

Ogni volta che aprivo l’app, avevo la sensazione di entrare in una stanza piena di persone che fingono di non guardarsi. Tutti impegnati a sembrare distratti. Poi arriva la notifica: un match. La scossa all’ego sale, come se avessi ottenuto una piccola conferma: non sono invisibile. Ci scambiamo battute, pick up lines o meme. Tutto è studiato per sembrare spontaneo, ma è tutto calibrato, pensato per eccellere e apparire “performanti”.

Le situationship e le talking stage non si applicano solamente al mondo delle dating app. Sono un modello ultra-capitalistico, la metafora perfetta di quanto corre la società odierna: le relazioni si chiudono per messaggio, si finisce bloccati o si comunica tramite frecciatine nelle storie. I like su Instagram sono ormai il fattore più esplicativo per capire se hai una crush per qualcuno. Tutto nasce da Facebook, si eleva su Instagram e si perfeziona su Hinge. A questo punto mi sento di definire queste app come veri e propri social media o, se dovessi fare il Barney Stinson della situazione e inventarmi il Social Love Media.

Ho sempre considerato Tinder una roba da “coatti” o da persone basic. O forse è solo una scusa che mi racconto perché non incarno lo stereotipo dell’uomo alfa che l’algoritmo sembra premiare; Hinge incarnava molto meglio il mio target.

Qualche settimana fa sono stato bannato definitivamente. So benissimo quale regola oscura io abbia violato: aver parlato dell’illegittimità di uno stato del Medio Oriente; Ma per oggi non entro nel dettaglio politico. Il punto è un altro: non ho provato sconforto. Mi sono sentito sollevato. E questo sollievo improvviso mi ha fatto capire che quel “ban” non riguarda solo me. È il sintomo di qualcosa di molto più grande, un malessere che ormai ci portiamo addosso come una seconda pelle, giustificandoci col fatto che “ormai è difficile conoscere persone organicamente”.

Ci sentiamo stanchi, svuotati e cinici. Un recente report ha evidenziato come il 69% della Gen Znon si senta nemmeno più pronta per una relazione, paralizzata da uno stress strutturale. Ma la cosa peggiore è che pensiamo sia colpa nostra. Ci convinciamo di non essere abbastanza interessanti, abbastanza belli, o di non saperci fare. Non è colpa nostro, è il design 😉 

Il tuo cervello non è fatto per questo (e loro lo sanno)

Dobbiamo smetterla di creare aspettative, idealizzare profili e romanticizzare l’ansia chiamandola “farfalle nello stomaco”. Spesso è solo il classico incontro disastroso tra una persona con attaccamento ansioso e una con attaccamento evitante. In termini neuroscientifici, è un errore di predizione della ricompensa.

Qui la scienza è piuttosto chiara, anche se poco poetica. Tutto ruota attorno al Circuito della Ricompensa Dopaminergica. Studi di neuroimaging (come quelli della Rosalind Franklin University) mostrano che l’Area Tegmentale Ventrale (VTA), la “centralina” del nostro cervello che gestisce motivazione e piacere, non si attiva tanto quando ottieni quello che vuoi, ma quando non sai se lo otterrai. L’incertezza è il carburante.

Gli sviluppatori della Silicon Valley non hanno inventato nulla, hanno solo applicato alla lettera il Programma di Rinforzo a Rapporto Variabile. È lo stesso identico meccanismo psicologico che B.F. Skinner usava sui piccioni negli anni ‘50 e che i casinò installano nelle slot machine. Se il match arrivasse ogni volta che scorri il dito, ti annoieresti dopo cinque minuti. Se non arrivasse mai, disinstalleresti l’app per frustrazione. L’algoritmo ti tiene esattamente nel mezzo: in uno stato di perenne, ansiosa attesa. Un “quasi” continuo che ti tiene incollato allo schermo.

Non è un caso se la medicina ha dovuto creare una scala clinica specifica, chiamata PODAUS(Problematic Online Dating App Use Scale), per misurare i danni alla salute mentale derivanti da questo utilizzo compulsivo. Se esiste uno strumento medico per misurare quanto stiamo male per colpa di uno swipe, forse dovremmo smettere di considerarlo un passatempo innocuo.

L’Amore nell’era del Tardo Capitalismo

Se la neuroscienza ci spiega il come, la sociologia ci spiega il perché. E la risposta, manco a dirlo, è il profitto. Come teorizza la sociologa Eva Illouz nel suo saggio Cold Intimacies, siamo entrati nell’era del “Capitalismo Emotivo”. In pratica, abbiamo interiorizzato la logica del mercato e l’abbiamo applicata alle persone.

Viviamo di obsolescenza programmata applicata ai sentimenti. Trattiamo i potenziali candidati come prodotti in scadenza: scartiamo e cerchiamo il modello successivo, convinti che il catalogo infinito ci offrirà sempre qualcosa di meglio. È la gamification della solitudine. Le app non ci vendono incontri reali; ci vendono la sensazione di poter avere incontri. Siamo intrappolati in un ciclo di consumismo relazionale dove l’accumulo di match conta più della connessione umana reale.

Dobbiamo guardare in faccia la realtà economica: per l’algoritmo, una relazione felice che ti porta a disinstallare l’app è una perdita finanziaria netta. La tua infelicità cronica, quel rimanere sospeso nel limbo, è il loro vero modello di business.

Non sto dicendo di buttare il telefono nel fiume come nelle migliori commedie americane e tornare a scriverci lettere a mano (anche se, ammettiamolo, che aura). Sto dicendo che il primo passo è riconoscere il nemico. Quando ti senti uno schifo perché sei stato ghostato dopo tre settimane di chat intensa, ricorda: non hai fallito tu (a parte nella vita, forse, ma nelle relazioni no). È l’app che ha funzionato esattamente come previsto.

C’è un motivo se si registra un desiderio di tornare a incontrarsi dal vivo: il corpo sa che questo sistema è tossico. Certo, è come spiegare a un fumatore quanto è difficile smettere. Ma la vera ribellione oggi è la ricerca della chimica, della bellezza nell’agire impulsivamente e buttarsi. È rifiutarsi di trattare le persone come prodotti da scaffale, con tutta la fatica che comporta.

Grazie a chi non segue la logica della modernità, a chi cerca sempre la realtà nelle relazioni. A chi è disposto a perdere qualcuno pur di restare se stesso.

Fonti

Articolo originale in substak.com

P.S Se volete verificare che non sto solo sfogando la mia frustrazione post-ban, ecco dove trovate i dati citati:

Leggi anche: Il futuro della bellezza reale: l’impatto dell’Intelligenza Artificiale nel cinema sulle nuove generazioni

0

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *