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Femminicidio, consenso e nuove generazioni: riflettere sul presente per costruire il futuro

Femminicidio, consenso e nuove generazioni: riflettere sul presente per costruire il futuro

Scopri cosa significa veramente femminicidio, consenso e nuove generazioni in trasformazione per un futuro che rispetta i diritti delle donne.


di Cecilia Capanna

Nel 2024 in Italia si sono registrate 106 vittime di femminicidio — praticamente una morte ogni tre giorni. Numeri che confermano quanto la violenza di genere resti una piaga profonda e tragica. Il termine femminicidio designa l’uccisione di una donna “in quanto donna”, spesso da parte di un partner o ex-partner, un parente, o comunque per motivazioni legate al genere, al controllo, al rifiuto, alla prevaricazione. Recentemente, l’Italia ha approvato una legge che introduce nel codice penale l’articolo specifico — volto a riconoscere e punire queste morti come crimini di genere. 

È urgente affrontare queste tragedie con giustizia, prevenzione culturale e trasformazione sociale. Ma la battaglia non può fermarsi alle pene o alle statistiche: per cambiare davvero serve agire sulle radici della violenza, e su un concetto fondamentale — il consenso.

Cosa significa “consenso”

Molto spesso, quando si parla di violenza sessuale, il dibattito si concentra su forme visibili di coercizione: costrizione fisica, minacce, abuso di potere. La nuova legge approvata dalla Camera nel novembre 2025 cambia paradigma: l’elemento chiave è l’assenza di consenso libero e attuale.

In pratica: qualsiasi atto sessuale compiuto senza un consenso espresso, libero, non minato da costrizioni o alterazioni di coscienza — e attuale nel momento stesso dell’atto — è configurabile come violenza sessuale. Questo significa che non è sufficiente che non ci sia violenza “visibile”: quel che conta è la volontà libera della persona coinvolta, che può essere revocata in qualsiasi momento.

È importante chiarire una provocazione: non si tratta di chiedere alle persone di firmare un contratto prima di un rapporto. La formula “con consenso” non è un modulo burocratico da scaricare, bensì un fondamento giuridico e morale. Esige che, in ogni relazione — anche intima — si rispetti l’autonomia, la soggettività, la libertà di decidere. Potrebbe non valere se una donna è sotto effetto di stupefacenti e nemmeno se ha bevuto un bicchiere di troppo. E il consenso è revocabile in qualsiasi momento durante un rapporto. Se non sei sicuro del consenso, fermati perché potresti commettere un reato.

Perché la parola “consenso” è cruciale

Per decenni, molte violenze sessuali non sono state riconosciute come tali proprio perché mancava la “forza fisica”, la “violenza evidente”: bastavano abusi psicologici, sottili pressioni, incapacità di dire “no”. Con la nuova legge, la norma giuridica riconosce ciò che la sensibilità e la morale chiedevano da tempo.

Questo non riguarda solo la punizione dei colpevoli: soprattutto, è un segnale culturale. Significa che una società può e deve pretendere rispetto, che «sì» e «no» in un rapporto contano, che un “silenzio” o un “non sono sicura” sono già un campanello d’allarme.

Le nuove generazioni: formazione, consapevolezza e cambiamento

Ma non basta cambiare le leggi: occorre lavorare sulle nuove generazioni. Tanto più che, in tema di avanzamento dei diritti delle donne, la Corte di Cassazione si trova avanti addirittura rispetto agli stessi giudici e avvocati: anche molti di loro andrebbero formati.

Ed è proprio nella formazione che la speranza può trovare terreno fertile. Alcune scuole stanno già aprendo questa strada. Un esempio virtuoso è il Liceo Righi di Roma, dove un collettivo studentesco discute di diritti delle donne, battaglie femministe e transfemministe, decostruzione degli stereotipi, e della ridefinizione dell’identità maschile in un’ottica di parità di genere.

Giovani, ragazze e ragazzi, che riflettono su cosa significa rispetto, libertà, consenso, uguaglianza. Che mettono in discussione i privilegi di una cultura patriarcale, e provano a “ricostruire l’uomo” su basi di rispetto reale.

È da queste esperienze che può nascere una trasformazione profonda: un domani in cui il valore della donna, la sua autonomia, e la libertà di scegliere siano dati scontati — e la parola “femminicidio” non abbia più senso perché non serva più.

Il legame tra femminicidio, consenso e formazione

Femminicidio e violenza sessuale non sono fenomeni isolati. Spesso convivono con dinamiche di potere, sopraffazione, cultura del dominio, riduzione della donna a oggetto — aspetti che affondano le radici in secoli di stereotipi e disuguaglianze.

Quando si insegna il valore del consenso, della libertà, del rispetto nelle scuole, nei contesti educativi, nelle famiglie, si getta un seme. Un seme contro la paura, contro la violenza “normale”, contro l’idea che la relazione possa essere un luogo di possesso o dominio.

Perché la sfida non è solo punire i colpevoli: è educare a non diventarlo. È offrire alle nuove generazioni gli strumenti per riconoscere la dignità e i diritti dell’altro, dentro e fuori la sfera affettiva.

Un monito, una speranza

L’Italia nel 2024 conta 106 femminicidi. Sono 106 vite spezzate, 106 tragedie che gridano vendetta e giustizia. Ma contano anche 106 occasioni sprecate per la società.

La riforma che introduce il principio del “consenso libero e attuale” è un passo storico, non un punto di arrivo. Serve che ognuno di noi, a partire dai più giovani, lo faccia proprio. Che impari a chiedere, a rispettare, a fermarsi.

Le nuove generazioni sono la nostra speranza. I ragazzi e le ragazze che oggi studiano, discutono, si interrogano, come quelli del Liceo Righi, potrebbero diventare gli uomini e le donne di domani. E con loro, una cultura diversa.

Un mondo dove dire “no” vale e dire “sì” conta. Dove e la violenza di genere, sessuale, psicologica, non ha più spazio. Dove rispetto non significa solo legge ma consapevolezza.

Gli attacchi online sono emblematici

I commenti sui social ai post che parlano di avanzamento dei diritti delle donne e di condanna alla violenza nei loro confronti sono a dir poco osceni e rispecchiano in tutto l’ignoranza, la brutalità e la stupidità di una cultura fallocentrica e anacronistica.

Paradossalmente però, più questi commenti sono numerosi e violenti, più indicano la debolezza di personaggi oramai fuori dal tempo, che cercano un ultimo appiglio con le unghie e con i denti a un passato di privilegi destinato a cambiare. La storia non si ferma. E uccidere tutte le donne significherebbe l’estinzione anche dei maschi. Sono pur sempre nati da una vagina.

Guarda questo post per esempio

https://www.instagram.com/reel/DRX5sKtjiDt/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==

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